
Cover di "Goodbye Logo"
Quando ho visto questo libro (GOODBYE LOGO, di Neil Boorman, ed. Guanda), mi ha attrato l’intenzione dell’autore di smettere di comprare prodotti di marca. Sono stato assalito da uno dei miei rarissimi accessi di anticonsumismo, mi sentivo tanto NOLOGO ad andare in giro con quel libro anti-marche. La sensazione di orgoglio è durata, però, 20 pagine: poi ho abbandonato l’impresa di leggere un mattone di questo livello.
Direte: non si può recensire un libro solo dopo 20 pagine! Vi rispondo: ‘stigrancazzi, io posso. Perchè questo libro è davvero straziante e decisamente logorroico. Assistiamo giorno per giorno, al diario di un pazzo schizofrenico maniaco compulsivo che ripete sempre la stessa cantilena: “Con le marche io definivo la mia identità, senza di esse non sapevo chi fossi”. Se fossi cafone, direi: ma grazie al cazzo. Ma non lo sono e non lo dirò.
L’intero libro (ho saltato delle pagine) passa alla disamina della storia delle marche, perchè nascono, a cosa servono, i motivi commerciali che hanno spinto alla creazione di grandi loghi internazionali, bla bla bla. Insomma, è il diario di un noglobal represso, che ha finto tutta la vita di amare le marche quando in realtà voleva masturbarsi leggendo “Il Capitale” di Marx. Figlio mio, ti accettavi prima e ti avremmo voluto tutti bene lo stesso. Senza bisogno di aprire un blog, scrivere un libro, farci un’associazione terapeutica, fare davvero quanto scrivi, per poi farci i soldi su (guarda caso).
La storia finisce con lui che brucia tutti i suoi prodotti di marca in un grande falò al centro di Londra. Ma a lettore viene da chiedersi genuinamente perchè non ci si sia buttato anche lui nel fuoco.
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