Will Ferguson è uno scrittore emergente canadese; o meglio, prima scriveva libri di viaggio (due palle), e questo è il suo primo romanzo.
La trama è semplice ma sfiziosa: un redattore della casa editrice Panderic scopre un libro di auto-aiuto, che VERAMENTE rende felice chi lo legge. Il libro inizia a diffondersi come un virus in tutto il paese, crolla l’intera economia capitalistica – tutta fondata sulle insoddisfazioni continue dei desideri creati dalla pubblicità (se comprate magazine come PSICHOLOGIES, noterete la più alta concentrazione di pubblicità di creme anti-rughe, ndr).
Il redattore si trova ad essere ricercato da killer assoldati dall’industria del tabacco, dell’alcol, della droga e dei centri di disintossicazione. Insomma, come direbbe un mio caro amico, questa trama fa molto SARAMAGO.
Lo stile è semplice, asciutto, ironico e svelto – forse un impianto un po’ troppo surreale per una scrittura così “classica”. Però il contrasto non è sgradevole.
Ad un certo punto, Ferguson cita un autore: “Nella felicità sono tutti uguali, ma chi soffre lo fa in un modo tutto personale”. Da questo prende spunto il senso del racconto: i nostri problemi (esistenziali o meno) sono il sale ed il nutrimento della nostra vita – anelare a diventare dei cloni rincoglioniti e sereni equivale a perdere la propria umanità.
Ferguson mi trova d’accordo – io sono innamorato dei miei problemi; questo è sano considerando che il mondo non sarà MAI perfetto e quindi tanto vale abituarsi. Anche se – lo ammetto – divorziare ogni tanto dalle proprie paranoie non sarebbe male.
Un libro da leggere.
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