Le sale d’attesa dei medici della mutua (nome desueto, ma tanto vintage chic, come Lambretta o Diritti dei lavoratori) sono lo specchio del Paese. E se ti ci trovi con la febbre a 40 l’esperienza assume toni mistici alla Castaneda. Vecchi sciamani del dolce far niente si scambiano opinioni e magie per perpetrare il loro status inerte. Sono gas nobili, altri di gas ne producono solo.
No, le sale d’attesa non sono posti per i radical chic, ne’ per gli champagne socialists. Qui’ la gente e’ vera, non si puo’ fotografarla in un servizio di Vanity Fair. A meno che Tena Lady non decida di diventarne inserzionista. E si, le sale d’attesa sono un paese per vecchi o presunti tali (come il sottoscritto).
L’argomento di oggi sono i “drogati che irrompono nella notte per rubare le medicine al dottore”. L’immagine di terribili umanoidi in crisi di astinenza da Aulin mi pervade la materia grigia. E’ agghiacciante, ma dove vivono questi zombie di giorno? Siedono sul cesso, guardando le repliche di uomini&donne su youtube e masturbandosi sulla erre moscia della DeFilippi.
Le categorie sociali di cui aver paura sono infinite per il PSDA, il popolo delle sale d’attesa. Ora parlano di “immigrati che rubano i posti ai nostri figli”. Difficile immaginare un ragazzino italiano strapparsi i capelli per raccogliere pomodori o lavari i cessi della stazione Termini. Eppure, pare che ci rubino proprio tutto, persino le puttane del premier non sono più italiane!
Ed infine, viene il turno dell’immancabile “meglio un figlio drogato che gay” e allora mi sorge un dubbio atroce. Sono in una sala d’attesa o al Parlamento?
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