Non ci sono scuse per le puttanate che si fanno nella vita.
I genitori, i traumi, l’infanzia, gli amici, i compagni di scuola. Tutte puttanate. La vita ce la scegliamo da soli. Si, quando siamo piccoli moccioselli non abbiamo capacità di discernimento. Poi ci facciamo adulti, e accampare ancora scuse se non è patetico è almeno ridicolo.
Ci sono limiti alle cose che possiamo fare? No, non ci sono. Ci sono solo scuse, bellissime storielle che ci raccontiamo costantemente per non fare quello che dobbiamo fare. La mia storia ne è un esempio da manuale, ahimè.
Nato e cresciuto nella periferia napoletana, ho sempre cercato di scappare. Scappare dalla mia famiglia. Scappare dal mio vicinato. Scappare dalla mia scuola. Scappare da me stesso, che è l’unica cosa che sono davvero riuscito a fare.
La fuga è servita. Cazzo se è servita. Mi sono emancipato dallo squallore dove ero nato. Dal grigiore, da quell’atmosfera cupa e umida che era il quartiere “Camaldoli” di Napoli. Immerso nel verde che manco LOST lo era. Anche se la metafora migliore credo sia L’ISOLA DEI FAMOSI.
Ho cercato la fuga e ci ero riuscito. Ma poi sono rimasto fottuto. Alla tenera età di 26 anni hanno diagnosticato un cancro a mia madre. Ero costretto a tornare nel mio peggiore incubo. Per il peggiore dei motivi. Un buon figlio, morigerato, sarebbe sceso ogni weekend dalla propria madre moribonda. Ma io non ho mai aspirato a quel ruolo. E pur di stare lontano dalla mia famiglia, dal mio passato, l’ho lasciata morire così.
Il caso ha voluto che mio padre si ammalasse della stessa malattia di mia madre. E ho lasciato morire anche lui. Stessa indifferenza. Covavo una rabbia che ancora non è sopita. Perché mi hanno fatto nascere in quel buco di culo del mondo? Perché non hanno pensato che avrei sofferto?
Ma soprattutto, perché continuavano a stare nella stessa casa quando si odiavano? Egoismo, egoismo puro. E così li ho ripagati con la stessa moneta. Ma era l’ennesima cazzata che mi ero raccontato. I miei genitori erano umani, troppo umani, per esser perfetti. Hanno fatto errori, come ne commettono tutti. Il mio non accettarlo li ha fatti andar via senza che potessi dir loro quanto li amassi.
Scelte. Solo scelte. E se adesso covo qualche rimpianto è quello di non averli mandati a fare in culo pesantemente entrambi. Non averli presi per le orecchie e costretti a parlarsi per il mio cazzo di bene. Non averli fatti scornare fino a quando tutti gli equivoci fossero stati schiacciati dalla verità.
La verità, questa grande sconosciuta. Era un valore che abbiamo sempre svenduto pur di godere di calma e finta tranquillità. Siamo maestri nell’affossare la merda. La mia famiglia potrebbe gestire le fogne metropolitane di Parigi senza nessun tipo di addestramento.
Scuse. Scuse, e ancora scuse, signori. Tutto questo per dirvi cosa? Per farvi pena? No, ma solo per dirvi che tutta questa monnezza qui me la sono portata addosso per 32 anni solo per giustificare la mia fuga. Magari all’inizio era vero, ma ora non ha più senso. Scappo, ma mi muovo sempre nello stesso posto, come un criceto del cazzo.
Non ci sono più scuse, ma solo scelte. E a 32 anni è venuto il tempo di scegliere di non avere più scuse. La vita è mia, e nessuno può dirmi cosa devo fare. Nè il passato, nè i miei errori, nè la morale.
Consiglio vivamente a tutti di fare altrettanto.
Mass
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