Calmi tutti, Pino non è morto.
O meglio, non lo fanno morire in pace i suoi colleghi. Che nella notte, sopraffatti dal dolore immenso per la perdita di un amico, hanno trovato il tempo di popolare le loro pagine social di messaggi di cordoglio. Rigorosamente pubblici e spiattellati tra le prime Ansa della mattina. La lista di cantanti dalla lacrima social è infinita.
Mi dispiace per Pino. Ci sono cresciuto con le sue canzoni. Da napoletano, era un orgoglio. Aveva sapientemente mescolato Jazz e cantautorato napoletano. Aveva portato la nostra canzone ad un livello superiore, roba che oggi ascoltiamo Fedez, e voglio morire all’istante.
Dettaglio elettrizzante. Essendo Daniele morto di notte, dall’ora in cui postano i cantanti scopriamo a che ora si svegliano le star. Osserviamo, per esempio, che la Mannoia si sveglia prima di tutti. Forse non c’erano talent dove fare marchette ed è andata a dormire presto.
Mie cari, non riuscirò mai ad abituarmi alla falsità con cui si vive il dolore ai giorni nostri. Il dolore è una cosa privata, il primo istinto non è condividerlo, ma tenerlo per sé. Per rispettare il defunto, per rispettare se stessi. Poi viene la condivisione, il funerale serve a questo e non per scroccare il buffet. Ma ormai siamo nell’epoca del lutto al tempo di un click.
Ognuno vive il dolore a modo suo. E chiedo scusa se dubito di chi lo trasforma subito in tweet. Il dolore cinguettato a me pare solo egocentrismo mascherato o un’abile quanto spietata mossa di marketing.
“Je so’ pazzo, je so’ pazzo e vogl’essere chi vogl’io ascite fore d’a casa mia”. Caro Pino, oggi non usciranno facilmente i vari mercanti del pianto.
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