Non vivo, ricarico

Si chiamano smartphone, perché sono così intelligenti da averci incastrati tutti. Noi PENSIAMO di servircene, ma sono a loro a servirsi di noi. Posso ormai definire la mia vita come una dolce pausa tra le tacchette della batteria e la ricerca della prossima spina della corrente. A volte mi vedete in giro per posti pubblici, soprattutto stazioni e aeroporti, con l’occhio fisso nel vuoto. Sembro un tossico alla ricerca della droga, o un mendicante capitato lì per caso. Ma non illudetevi: avrei decisamente più dignità se fosse così. Sono lì a chiedermi: ma possibile non ci sia una cazzo di presa? Possibile che a nessuno si scarichi il cellulare? Possibile che non abbiamo già inventato un caricabatterie che vada a sangue umano?

In quei momenti terribili, in cui la tua vita social ti passa davanti, non ci sono esseri umani. Ci sono solo potenziali erogatori di bioelettricità (che poi sarebbe interessante fare una start-up per creare una presa da infilare in qualsiasi orifizio umano). Torniamo all’inizio del post: le macchine sono state invitate per aiutarci nella vita di ogni giorno. Ma siccome ci permettono cose che da soli non saremmo mai capaci di fare, finiamo per diventarne schiavi a tutti gli effetti. Considerate che mentre scrivo questo post, il mio iPhone si sta scaricando, il mio Galaxy sta per andare in sciopero digitale, ed i miei tue tablet stanno protestando con Landini a Piazza del Popolo.

Non possiamo più staccarci da questi aggeggi digitali, è davvero impossibile. L’altro giorno pensavo a come sarebbe una giornata senza cellulare. Poi ho sorriso come quando leggevo 1984 di Orwell a 15 anni: UTOPIA. Ne sono così dipendente che non me ne stacco manco per andare al bagno. A proposito, sapevate che se siete ridotti come me, siete malati? Ora lo sapete, andate a controllare sullo smartphone. E parliamoci chiaro. La mia pazzia non è ancora al suo picco. Fra un pò esce l’Apple watch, ed allora saranno problemi seri. Perché me ne servirà uno per ogni dispositivo mobile, a rischio di sembrare una zingara.

L’altro giorno ero ad un nuovo centro commerciale, e c’era in offerta un tablet di cui non avevo assolutamente bisogno: doveva essere mio. Ho sostanzialmente sbattuto per l’aria una vecchietta rompiballe (ma che ci faceva lì d’altro canto? Kukident non è mica un’app), e ho raggiunto l’oggetto del desiderio. Appena l’ho preso, ho sentito i canti gregoriani in sottofondo, era una sensazione che manco Indiana Jones davanti ad un antico reliquiario faraonico. Per non parlare dei pali presi in faccia per guardare l’ultima notifica di twitter. Ormai non c’è sosta, un flusso ininterrotto di tag, post, stelline, likes, cuoricini. Sembriamo tutti preda di un abbecedario da dementi.

Ogni tanto penso: basta, parto e mollo tutto. Vado su google, e cerco posti lontanissimi. Sogno ad occhi aperti. Ma prima di comprare il viaggio controllo se hanno il wi-fi.

Pi-lota

La “lota” in napoletano è la sporcizia, la spazzatura, la lordura. Non ho altri modi per descrivere il pilota tedesco che, per porre fine alla sua insulsa esistenza, ha ucciso altri 149 passeggeri. Di questa vicenda, mi fanno incazzare così tanti aspetti che ho dovuto attendere diversi giorni prima di scriverne.

1. L’insensatezza del gesto. Se vuoi morire, perché coinvolgere altri?

2. L’assenza di sicurezza. Ma chi minchia ha scritto le procedure di sicurezza degli aeroplani?

3. La compagnia aerea. Che continua a cercare scuse, nonostante il kamikaze fosse malato.

4. La nazionalità dell’assassino. Perché non sono stupito che sia tedesco un genocida?

5. Quel coglione di Grillo che usa questo evento per fare propaganda.

6. I test psicologici delle compagnie aeree sono presi da Topolino?

7. Gli addestratori che lo hanno definito “esemplare” da quale pusher andavano?

Ma la cosa che più mi fa incazzare è che quest’episodio ci ha privato della sicurezza di prendere un aereo in pace. Fin quando si tratta di un terrorista, è orribile, ma c’è uno scopo, c’è una motivazione. Ma quando ti può ammazzare un demente solo perché si lascia con la ragazza, ti fa perdere ogni tipo di speranza, ogni tipo di appiglio logico.

E questo ci mancava proprio, vero?

Allupati

Tutto inizia nel ’92. Mani pulite. Il popolo italiano, cordardo ed incapace di cacciare i politici corrotti, delega il compito alla Magistratura. Che attua la più grande operazione di marketing politico del Novecento. Il revisionismo storico a colpi di commi. Inizia la cosiddetta Seconda Repubblica. Col tempo si comprenderà che era esattamente uguale alla Prima. Stessi cittadini codardi, stessa politica corrotta, stessi Magistrati forcaioli.

Ma la corruzione sembra sparita, così come la Mafia. La Grande Bellezza della classe dirigente di questo paese è l’averla insabbiata con un golem mediatico e appetibile: Il Conflitto d’Interessi. Un elemento fondante del bipolarismo italiota, che non farà altro che discutere sul si o sul no ad un personaggio grottesco e puttaniere, che va a minorenni – a sua insaputa – e che ci sputtana per mezzo mondo. Dai nani e ballerine, al Nano e le Zoccolette.

La Magistratura si avvinghia attorno al golem Conflitto d’interessi, come se fosse l’unico male italiano. Inizia un feroce accanimento terapeutico al cadavere deambulante del Brianzolo, che senza questi nemici sarebbe morto vent’anni fa nell’oblio. Lui si rafforza, si nutre di questa rabbia, di questa invida del pene di magistrati improbabili. E vince, stravince. E gode.

Ma Vent’anni sono tanti. Ed anche la migliore delle messinscena perde il suo appeal per i consumatori-cittadini. Col puttaniere condannato, di cosa si occuperanno i magistrati – ancora sotto effetto alcolico-giudiziaro di Mani Pulite? Ed ecco che iniziano una serie di indagini-capestro, di intercettazioni pure alla nonna di terzo grado del più infimo dei peones parlamentari. Tutte regolarmente pubblicate ancor prima di essere pronunciate dagl’interessati. Minority Report all’Italiana.

Ed è in questo contesto che va letta l’indagine che ha portato alle dimissioni del ministro Lupi. Premettendo che penso abbia fatto bene, è l’incoerenza del sistema che contesto. Se la Magistratura, in combutta con i Giornalai (giornalisti in Italia sono pochi e sono già morti), decide che un politico deve cadere, cade. Ed ecco l’ennesima abdicazione dei cittadini, che non prendono in mano la situazione e lasciano il lavoro sporco ai togati.

Allupati, eccitati dalla forca (se brandita da altri), pronti per il prossimo erogatore di prebende da decapitare in piazza Loreto o in un talk show. Questo sono gl’Italiani, e ne sono profondamente annoiato.

Dove c’è Barilla, c’è Ipocrisia

Parlare di argomenti GLBT mi annoia profondamente. Ha più senso se ne parli un eterosessuale, così come la lotta per la parità della donna ha più effetto se sostenuta da uomini. Eppure mi vedo costretto ad affrontarlo per la seconda volta in pochi giorni. Il caso del giorno: la Barilla è stata nominata azienda tra le più gay friendly al mondo. Questa cosa mi fa torcere le budella almeno quanto vedere certe makeup guru struccate.

Il casus belli. Nel 2013, Guido Barilla dice quello che pensa davvero: per lui la famiglia tradizionale è quello tra uomo e donna. Si scatena il finimondo, ed il furbacchione, subodorando crolli di fatturato soprattutto in US, chiede scusa pubblicamente a tutta la comunità GLBT. Dopo di che, iniziano una serie di iniziative super fake dell’azienda a favore della causa gay lesbica bisex e trans.

Cosa non amo di questa vicenda. L’ipocrisia. La falsità. Il buonismo stucchevole. Preferisco quei dementi di Dolce e Gabbana, che restano coerenti con la loro idiozia rischiando gli affari, piuttosto che queste marce indietro glitterate e opportuniste. Mi diranno: almeno ora i dipendenti gay della Barilla sono più tutelati, poco importa come ci si sia arrivati.

Il metodo è il messaggio, miei cari. Questa vicenda aiuta l’omofobia in così tanti modi che quasi svengo. La “redenzione” del pasticifio da solo adito alla teoria omofobico-complottista-massonica della lobby gay che piega i potenti alla sua causa. Da loro l’occasione di fare propaganda contro la libertà di pensiero. Da modo alle noiosissime sentinelle in piedi di fare altri sit-up a leggere Bambi nelle piazze delle nostre città.

L’unico soggetto che deve obbligare al rispetto delle persone GLBT è lo Stato. Lo Stato è l’unico ente oggettivo di tutela dei cittadini. Quando si cercano altre vie di fuga, come patetici boicottaggi commerciali buoni solo a postare tweet fighi*, si denuncia l’incapacità di cambiare le regole del gioco, prendendosela con i giocatori anzichè con chi quelle regole le fa.

Miriamo all’obiettivo giusto. Non sprechiamo energie.

Ed evitate di abbuffarvi di pasta. Che sennò pure grassi diventate.

*Li ho fatti anche io, mea culpa.

Fotti e Gabbana

Non voglio boicottare Dolce e Gabbana. Non voglio che si possano permettere dei penosi giri di walzer per chiedere perdono come fece Guido Barilla. Non voglio che subiscano crolli di fatturato cosi da avere una scusa per licenziare dipendenti. Non voglio imporre a nessuno le mie idee con la violenza, né verbale né fisica (nonostante le loro frasi istighino alla violenza).

Non voglio.

Quello che però voglio fare è provare pietà per questi due personaggi. Chiusi in un mondo parallelo egotico, in cui solo loro hanno diritto ad essere gay e felici, non sanno cosa si stanno perdendo. Il mondo é molto meglio degli stilisti che lo vestono. Ce ne faremo una ragione.
Che l’indifferenza e l’oblio li gettino nell’ombra come si meritano.

Gli hanno messo le ali

Non parliamo della Red Bull, ma del nostro caro Primo Ministro, il quale in questi giorni gongola come pochi nel Pianeta Terra. E non perché inanella un successo politico dopo l’altro (cambia la Costituzione con la mano destra, con la sinistra la Scuola e con il piede la RAI). Semplicemente, perché tutti gli altri partiti ce la stanno mettendo TUTTA, perché prenda il 60% alle prossime elezioni.

Ai lati della corte fiorentina ci sono tre ali estreme: La Lega lepenista-salviniana, i Cinque Stelle estremisti confusi e ora si aggiunge anche Landini, il vetero-comunista (nel senso veterinario). Ricapitoliamo gli ultimi eventi, che si susseguono ormai al ritmo trash-narrativo di un film di Vanzina. E peggiorerà mano a mano che ci si avvicina al momento del box office, le regionali 2015.

Nella Lega si è consumato il divorzio tra Salvini e il moderato Tosi. Non c’era più spazio per un democristiano nel partito-fotocopia del Front Nationale. Salvini, ormai caudillo dell’ampolla del Po, doveva disfarsene. Ed ha atteso la prima ghiotta occasione, la scelta dei candidati alle regionali, per attuare il suo piano polli-tico. Tosi ha abboccato, condannadosi al nulla cosmico come un qualsiasi Fini o Alfano.

Nel Movimento Cinque Stelle esiste una sola cosa chiara: non si capisce una mazza. Un giorno dichiarano che la Germania è nazista, un altro che dobbiamo dialogare con l’ISIS, l’altro che la Riforma della Scuola favorisce la moglie di Renzi. Ed ecco il peggior difetto di questo movimento: ti fanno muovere le palle. Di tutte le accuse che si potevano muovere a questa riforma, loro scelgono la meno rilevante. Dimostrano l’intelligenza politica di una ragade. Non fanno politica, ma solo tweet acchiappa-like.

L’altro problema dei M5S è che non è nè carne nè pesce. E così, si è inserito in questo vuoto a sinistra il mitico Maurizio Landini. Ormai eccitato dall’odore di Tsipras e di Podemos, ha sentito la necessità di creare un “movimento sociale” che aggreghi chi non ci sta con questo governo. E considerando che ci sono già due partiti ad occuparsene, direi che si spartiscono un bella fetta del nulla cosmico di cui sopra. Mossa argutissima e aritmeticamente sensata. Complimenti.

Neanche menziono Forza Italia, che nel Veneto si allea con Tosi, ma sul nazionale rincorre Salvini. Ormai è allo sbando. La recente assoluzione di Berlusconi dal processo Ruby li ha rincoglioniti. Si parla di una discesa in campo di Silvio, la terza o quarta, ormai ho perso il conto. Ed ormai ci siamo arresi a quest’uomo, che in campo scenderà pure con la sedia a rotelle, semmai dovesse finirci sopra. E fatelo scendere, dategli questa soddisfazione.

Ditemi voi come non può godere Renzi di quello che gli succede attorno. Io sarei in estasi di Santa Teresa perenne se fossi in lui. Ed anche se fa qualche cazzata, passa totalmente in secondo piano di fronte alla piccolezza di questi politici all’amatriciana. Non è buono che non ci sia un’opposizione al Governo. Ci fa somigliare sempre più ad una Repubblica delle Banane.

E sapete dove e a chi le inseriranno se non torniamo alla normalità.

Lagnatevi pure

Il genere umano è facilmente divisibile in due categorie. Chi fa, e chi si lagna. Chi fa non perde tempo in chiacchiere, cerca di cambiare quello gli sta attorno se non gli piace, e ci mette la passione, l’entusiasmo, la voglia di mettercela tutta. Sempre e comunque. Dall’altra parte del fiume, ci stanno i lagnosi. Ogni cosa è un peso, ogni nuovo compito un incubo da attraversare, ogni imprevisto una disgrazia senza fine.

Chi prevale nel mondo? Lo ignoro, ma in Italia posso affermare con un minimo margine di errore che siano i secondi a farla da padrone. La lagna come sport nazionale è tipico delle prostitute che si lamentano del proprio pappone. E cosa è l’Italia (e gli italiani) se non un branco di venduti al primo paese estero che lo conquista?

Mi dispiace dirlo, perché conosco gente che questo paese vuole cambiarlo davvero. Gente eccellente, gente che in America sarebbe milionaria e leader di multinazionali. Persone di enorme talento. E’ difficile combattere contro i mulini a vento. E soprattutto contro mulini che passano il tempo ad escogitare il modo per abbattere chi ce la vuole fare.

Mia madre lavorava nel pubblico. Si spaccava il culo dalle 8 di mattina alle 8 di sera. Amava il suo lavoro più di ogni cosa. Era appassionata, dedicata, precisa, professionale, accurata. Ma era l’unica nel suo ufficio. E da giovane il suo capo le disse: “non fare troppo, metti in cattiva luce gli altri”. Mia madre non gli diede ascolto, e diventò capo ufficio dopo pochi anni.

Non siamo un paese per vincenti. Siamo un paese di perdenti compiaciuti. 

Sarò stupido, folle, visionario. Ma io non mi arrendo a questa filosofia del ribasso e dei saldi morali. Non ci sto a pensare che tutto sia perduto. Non credo a chi vorrebbe un paese affossato nella merda, così da potersene cibare a più non posso. Io non lascio il mio paese ai coprofagi di professione.

Signor no.

La malaoccupazione

Prenderó schiaffi in faccia, ma io credo che in Italia non ci sia disoccupazione. Esiste un problema ben più grave: la malaoccupazione. C’è difatti una grande fetta di lavoratori che non ha assolutamente voglia di fare un cazzo, e che toglie posto a chi invece si farebbe in quattro pur di lavorare. E non a caso parlo di “mala”, perchè sono una mafia di iperprotetti dai sindacalisti, i reazionari del lavoro. 

Mi fa una rabbia pazzesca, sento storie di ragazzi della mia età ancora senza una meta, senza una prospettiva, costretti ad emigrare, ad abbondare il proprio paese (ed il suo PIL) pur di avere uno straccio di vita normale. E poi, mi giro attorno e vedo gente con niente di cui lamentarsi lagnarsi come se non ci fosse un domani. 

Poi mi chiamano “fascista” quando celebro l’eliminazione dell’articolo 18 attraverso il Jobs Act. Un’accusa pretestuosa, perchè garantire un posto ai volenterosi avviene solo attraverso un repulisti dei fannulloni. Questo significa difendere i deboli, ed essere di sinistra

Spero che questi ultimi trovino presto giustizia (e che gli altri patiscano la fame più nera). Chiamatemi fascista, io penso di essere solo giusto.

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