Manifestate! Amate! Fate quello che vi pare!

A me piace la manifestazione di oggi pro Unioni Civili. E mi piace pure il family day che gli andrà contro. A me piace la democrazia. Mi fa commuovere pensare che qualche decennio fa la libertà di manifestare fosse un’utopia e ora è realtà. NON MI PIACE AFFATTO, invece, che un edificio PUBBLICO venga usato per portare avanti l’opinione di una solo delle due piazze.

Qual’è la cosa che sta facendo impazzire tutti? La Stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio del proprio compagno, con cui ci si “unisce civilmente”. Un  modello applicato in tutto il mondo (27 paesi su 28 in europa, manchiamo solo noi). Diciamolo: l’argomento del “un bambino ha bisogno di una mamma e un padre” mi fa sempre sorridere. A parte un principio di realtà (quante famiglie senza padri e madri ci sono?), a contraddirlo è proprio la logica.

A. Per procreare servono un maschio ed una femmina. Alla procreazione può non seguire la crescita di un bambino. Non c’è alcun nesso logico tra i due eventi. Nella storia dell’uomo (e degli animali), si sprecano gli esempi in cui i due eventi sono separati di netto. B. Non esiste alcuna prova del fatto che un uomo ed una donna siano differenti in termini psicopedagogici. Esistono invece prove e studi che dimostrano quanto la diversità dei genitori tra loro (come individui) guidi il buon sviluppo di un bambino.

Detto ciò, credete quello che volete, lottate per ciò in cui credete…ma buttatela sulla credenza, la superstizione, i valori, la cultura, qualsiasi cosa. Ma non sulla natura, perché di NATURALE non c’è assolutamente nulla in quello che dite. NULLA. 

Una proposta per la Regione Lombardia: perchè non far diventare la scritta da “Family Day” a “FAMILIES DAYS”? Sarebbe più degna di una città moderna come Milano, e l’Italia.

Diritto al rutto libero

Tutti scandalizzati da Sarri che ha dato del “frocio” a Mancini. Posto che non ho assolutamente idea di chi siano queste persone, dirò una cosa che mi farà odiare dai miei amici attivisti gay (l’ennesima): ma chi se ne frega?

Sono il primo ad aver accusato Tavecchio di razzismo, omofobia e quant’altro, ma in quel caso era un discorso pubblico, non un’incazzatura vomitata lì sul momento! Vi prego: se non possiamo manco più esplodere con un’offesa oscena in nome di un perbenismo di facciata, tanto vale morire qui e adesso.

Ora mi direte: in realtà, in un paese civile a nessuno verrebbe in mente un’offesa del genere. FALSO. FALSISSIMO. Ci ho vissuto all’estero, e pensano le stesse identiche cose, solo che sono più FURBI ed evitano in pubblico certe esternazioni. Personalmente, quando capita ad un amico che dica “ma guarda quel frocio…” (magari ad uno che gli ha appena tagliato la strada) e poi mi chiede scusa, io gli rispondo: “scusa di che? io sono frocio! Se ti dico che hai capelli ricci ti offendi?”.

I miei amici attivisti glbt dovrebbero imparare a sdrammatizzare e a non prendersela sulle cose inutili, come il boicotaggio ai film di Zalone o amenità di pari stupidità. Pensate alle cose serie, e lasciate tutti noi* ruttare liberamente!

*si, dico “noi”, perché io  da gay non c’entro niente con questa gente, e ne vado fiero.

Il più bel profilo del reame

Internet ci ha portato tante innovazioni, che hanno migliorato l’umanità, ci hanno reso persone migliori e complete. Tipo Youporn. Ma non tutte le novità sono buone, a dire il vero, alcune sono proprio diaboliche. Direi che quella più infetta è “IL PROFILO”. Prima dell’avvento della rete, era un termine usato dai fotografi e dai criminologi. Non che la cosa sia cambiata: si sono semplicemente democratizzate queste figure professionali. Con Internet, siamo divenuti TUTTI fotografi E criminologi.

Siamo fotografi quando ci facciamo selfie per renderci i più belli del reame, ma anche quando critichiamo con dovizia di particolari le foto degli altri. E nel giudizio, inseriamo anche aspetti di criminologia che manco Lombroso. Basta un ciglio alzato a determinare la pericolosità sociale di un individuo. Se una mamma pubblica la foto del figlio, siamo già pronti a chiamare l’assistente sociale.

Inoltre, la creazione del profilo obbliga tutti ad incasellarsi. A rendersi più facili, e decifrabili. Ne è un esempio il mondo gay, dove ogni essere umano deve inserirsi necessariamente nello schedario glbt (jock? bear? twink? wolf?). Ed il mondo etero non è  alieno a questa tipologia di autopsia dell’essere umano, semplicemente cambiano i termini.

IL PROFILO nasce dalla paura dell’ignoto. Può anche andar bene all’inizio, ma se non si supera quella fase, si finisce per scoparsi i pixel, non una persona. Che non deve essere proprio una sensazione piacevole (oltre che costosa, se hai un Mac e spacchi lo schermo).

La vita a 33 anni o di come sopravviverli

L’altro giorno mi trovavo davanti ad un caffè, parlando del più e del meno con un amico. “Ci pensi? Fra 7 anni avremo 40 anni!”. Ora, posto che io non mi metterei mai ad urlare una cosa del genere in pubblico e che occupo la mia vita con interrogativi ben più entusiasmanti (es. “perché il cuore batte così forte dopo un orgasmo?”), mi ha fatto riflettere quel bastardo. Nota mentale: cancellarlo dalla rubrica.

La verità è che non posso prendermela con lui. Ha ragione: la matematica non è un opinione, e la carta d’identità manco! Certo, se date un’occhiata alla mia, penserete che sono un siriano appena sbarcato a Lampedusa, e non uno splendido esemplare di 33enne-fra-7-anni-40enne italiano puro sangue. Ma nonostante il mio charme ed incredibile fascino, è vero.

Ricordo che da adolescente pensavo ai trentenni come i “signori”, quelli grandi. E se devo dirvela tutta: immaginavo la mia vita esattamente come è ora. Carriera, allenamento ed un abbondante disturbo antisociale di personalità. Si, volevo anche una famiglia, ma su quello ci sto lavorando con il mio psicoterapeuta. Perché avere delle persone amate se puoi avere dello Xanax?

Eppure, il tempo delle mele è finito, sono ormai alla cheesecake. E volente o nolente, devo vivere i miei anni così come vengono, senza alcuna aspettativa. Il segreto è quello. Se ordini una pizza alta pachino e bufala, con doppia bufala, e con il cornicione bruciato, e ti arriva una marinara striminzita alla romana ci rimani malissimo, no? Se invece chiami Pizza Mary e gli dici “mi faccia una sorpresa”, a parte beccarti una denuncia per stalking, qualsiasi cosa porteranno ti piacerà!

Un altro trucchetto che ho imparato alleviarmi il peso del mondo è dirmi bugie. Tutto andrà bene, tutto si sistemerà, insomma non buttarti giù, c’è chi sta peggio di te. E non importa se non ti viene in mente nessuno che non viva in una favela a Rio, l’importante è crederci. Perché prendersi per il culo è il segreto di una lunga vita. Quello, e lo Xanax di cui sopra.

Se dovessi consigliare un’età ai miei nipoti, gli consiglierei proprio questa che sto vivendo ora. Sei libero di fare rutti e peti nella tua casa da single incallito. Puoi spararti mille episodi di un telefilm e morire di torcicollo perché non sai dove diamine poggiare il mac per vederli. Puoi comprare qualsiasi cosa su Amazon, e dirti che te lo meritavi. Manco avessi vinto un Nobel per la pace per aver buttato la spazzatura prima che venisse la nettezza urbana.

E non dimentichiamoci la cosa più bella di tutte. Non devi dar conto a nessuno di quello che fai. Sei L I B E R O. A volte ti puoi sentire un pò solo, senza speranze, ma poi finisce la pubblicità e dimentichi tutto.

Good luck 33enni!

Un pò di darwinismo fa bene

La ragazzina, che si è vista nella classifica delle ragazze più brutte della scuola, ha dato una risposta magistrale ai cyber bulli della sua classe. Bravissima lei, ma bravissimi anche i compagni di classe. La loro cattiveria, totalmente naturale e non studiata a quell’età, l’aiuterà a crescere, a diventare un essere umano con le palle.

Non li sto giustificando. Se fossi stato loro genitore, li avrei cazziati che manco Tina Cipollari all’ennesimo tronista analfabeta di Maria. Ma dentro di me, avrei pensato anche che non c’era nulla di male in quello che avevano fatto. E’ nell’ordine delle cose: i ragazzini sono degli animaletti a masturbazione compulsiva. E’ dovere dei genitori indirizzarli verso la strada della maturità, ma non lo è forzarli con una ruspa.

Se ripenso ai bulli della mia età scolare, li devo ringraziare tutti. A quelli che mi prendevano in giro perché odiavo il calcio, dico grazie, perché mi hanno insegnato che essere una voce fuori dal coro è faticoso, ma estremamente piacevole quando si è adulti. A quelli che mi facevano sentire inadeguato perché non mi piacevano le ragazze, dico grazie, perché mi hanno fatto comprendere la bellezza della diversità e della complessità del mondo.

Insomma, quando si diventa grandi, tutto migliora. E la più grande soddisfazione è vedere quegli stessi bulli rimanere gli stessi della scuola, mentre tu sei diventato un essere umano completo, consapevole, e così figo da farli schiattare tutti d’invidia.

What doesn’t kill, makes you stronger. Ci credo da sempre. Fa eccezione solo l’influenza intestinale, forse.

Il paradosso della mantide

La mantide maschio va verso il suo destino senza dubbi. Si fa ammazzare dalla femmina per procreare. Ad un osservatore esterno sembra ineluttabile e terribile quello che gli succede. La sua intera esistenza sarà centrata su questo singolo episodio. Come la nostra lo è da alcuni eventi, che qualcuno ha scritto al nostro posto. L’ineluttabile banalità dell’essere.

Nasciamo, cresciamo, ci innamoriamo, ci accoppiamo, figliamo, invecchiamo, moriamo. Cristosanto (oggi è Pasqua, lo posso nominare non foss’altro per assonanza), quanto siamo prevedibili. Non c’è il minimo spazio per la fantasia, per lo svago, per l’indeterminatezza. Tutto è già scritto, siamo tutti diretti tra le braccia della mantide che ci decapiterà.

Eppure, è paradossale: siamo programmati perché la specie sopravviva a noi stessi. Un macabro rituale di morte che serve a preservare la vita. Senza soluzione di continuità. Da sempre. E quando qualche povero pazzo cerca di deviare dal percorso viene additato come un reietto, un outcast, un fuorilegge. Una volta gl’intellettuali erano l’anello debole che spezzava la catena di ipocrisie e ricorsi storici. Ma sono tutti morti, e quelli rimasti si fanno i selfie su twitter. Non è un grande momento per chi canta fuori dal coro.

Eppure se c’è una cosa che insegnerei a mio figlio è proprio di non ascoltare i miei insegnamenti. Di trovarsi da solo i propri principi, i propri modi di vivere, la propria morale. Perché non apparteniamo a nessuno se non a noi stessi, nonostante quello che vogliono indurci a credere. Fai quello, non fare questo, attento che ti fai male, ti sporchi. Sono i maggiori deterrenti alla creatività, alla creazione, alla vita.

Davanti alla mantide esiste una scelta. Girare i tacchi e farle una pernacchia.

Che vada a farsi fottere.

Lagnatevi pure

Il genere umano è facilmente divisibile in due categorie. Chi fa, e chi si lagna. Chi fa non perde tempo in chiacchiere, cerca di cambiare quello gli sta attorno se non gli piace, e ci mette la passione, l’entusiasmo, la voglia di mettercela tutta. Sempre e comunque. Dall’altra parte del fiume, ci stanno i lagnosi. Ogni cosa è un peso, ogni nuovo compito un incubo da attraversare, ogni imprevisto una disgrazia senza fine.

Chi prevale nel mondo? Lo ignoro, ma in Italia posso affermare con un minimo margine di errore che siano i secondi a farla da padrone. La lagna come sport nazionale è tipico delle prostitute che si lamentano del proprio pappone. E cosa è l’Italia (e gli italiani) se non un branco di venduti al primo paese estero che lo conquista?

Mi dispiace dirlo, perché conosco gente che questo paese vuole cambiarlo davvero. Gente eccellente, gente che in America sarebbe milionaria e leader di multinazionali. Persone di enorme talento. E’ difficile combattere contro i mulini a vento. E soprattutto contro mulini che passano il tempo ad escogitare il modo per abbattere chi ce la vuole fare.

Mia madre lavorava nel pubblico. Si spaccava il culo dalle 8 di mattina alle 8 di sera. Amava il suo lavoro più di ogni cosa. Era appassionata, dedicata, precisa, professionale, accurata. Ma era l’unica nel suo ufficio. E da giovane il suo capo le disse: “non fare troppo, metti in cattiva luce gli altri”. Mia madre non gli diede ascolto, e diventò capo ufficio dopo pochi anni.

Non siamo un paese per vincenti. Siamo un paese di perdenti compiaciuti. 

Sarò stupido, folle, visionario. Ma io non mi arrendo a questa filosofia del ribasso e dei saldi morali. Non ci sto a pensare che tutto sia perduto. Non credo a chi vorrebbe un paese affossato nella merda, così da potersene cibare a più non posso. Io non lascio il mio paese ai coprofagi di professione.

Signor no.

Social Komunismo

Alla fine Marx ha vinto. Siamo tutti un pò comunisti?

Ci piace condividere ogni cosa. “Shariamo” momenti, pensieri, ricordi, la bicicletta, la macchina. Alcuni, quelli più avanti, condividono pure il partner. Siamo a pieno titolo nell’Era dell’Accesso, come prefigurò Rifkin qualche anno fa. Nessuno possiede, tutti affittano.

Il governo fa pagare la tassa sulla casa anche gli inquilini, perché il nuovo trend è quello. Il mito de “l’80% degli italiani sono proprietari di casa” sta andando in soffitta. E forse è sempre stato solo un mito. Di fatto, quelle case erano delle banche, che accendevano mutuo alla qualunque. Adesso se ipotechi tua madre, forse te ne concedono uno anticipando tu il 90% della spesa.

La musica si è totalmente smaterializzata. Prima c’erano i vinili, poi le cassette, poi i cd, poi gli MP3. Ed ora si ascolta in streaming. Stesso destino con i film e le serie tv. Comprare un auto è ormai demodé, se puoi accedere ai vari provider di car sharing. E non passerà molto prima che ci verrà a prendere un auto che si guida da sola. Esiste persino un colf sharing, così da poter condividere la collaboratrice familiare con l’intera città.

Condividiamo, ma non possediamo. Perché? Costa meno (nel breve termine), comporta meno responsabilità, è di più rapido accesso, possiamo cambiare spesso. Una formula perfetta per l’uomo moderno che non ha tempo neanche per sputarsi in faccia, come diceva la buonanima di mia nonna. Eppure, questa società sta diventando così liquida che basteranno poche cannucce per aspirarla tutta..

Il rischio dell’ultra-accesso è il negare che alla spalle di tutto ci sia qualcuno (pochi) che possiede i beni. E dietro a quest’illusione di comunità hippie, si annida lo spettro di un’oligarchia capitalistica da fare una sega anche a quella di fine Ottocento. Corsi e ricorsi storici. Cambiano i nomi, diventano più high-tech, più 2.0, più cool, ma la storia è sempre la stessa.

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Couplelizer – l’ennesima dating app per rimanere single

Noi single viviamo tra il sogno di una famiglia felice e milletrecento applicazioni di dating per distarci dal cercarla. E’ una costante guerra a chi ha la foto profilo più cool – il che spesso significa la più taroccata. E quando manco il miracolo dei filtri può aiutarti, eccoti apparire corpi mozzati, capezzoli, gomiti e capelli. Non entri in un app, ma nel frigo di un obitorio.

E siccome le milletrecento di cui sopra non bastavano, pare ne sia uscita una nuova di queste infernali tr-app-ole. Si chiama Couplelizer, e promette di “incentivare all’incontro”. Addirittura con un countdown dopo il quale, se non hai accettato l’invito, vieni eliminato. Non viene uno stress pazzesco, no. Devi stare attaccato all’app costantemente con la paura con l’uomo o la donna della tua vita “scada”. E se lo scopri in ritardo, altro che schedina vincente non giocata.

Siamo sinceri. Queste app hanno tutto il senso del mondo se sei omosessuale. E’ difficile fermare una persona per strada e dichiarare il tuo amore se hai solo una probabilità su dieci che ami gli stessi organi sessuali che ami tu. Ma se sei eterosessuale, per quale motivo dovresti utilizzarle? La mia teoria è semplice: cazzeggio. Sono un soft porno interattivo. Un termometro di like per insicuri. Un simpatico giochino per annoiati.

La vita reale è ormai più lontana della tastiera dello smartphone. Niente esiste se non si pubblica sui social. Ci sta, vi parla uno che posta anche se va con difficoltà al bagno. Eppure, ci sono cose per cui vale la pena chiudere i nostri cellulari per connetterci con chi ci sta attorno. E’ più divertente, efficiente e funziona da millenni.

Provare per credere.

RINCOceronti del mondo, unitevi!

Il guaio della crisi non è la perdita del potere d’acquisto, bensì quella del potere dei neuroni. In giro si trovano solo RINCOceronti che vagano come anime dannate in cerca di una grazia dall’alto della neuro. Rinchiudiamoli.

La cosa peggiore è la loro contagiosità: l’Ebola è un’isola di villeggiatura a confronto. Ormai pervade tutti ed in qualsiasi angolo del globo. Il motivo è semplice: quelli rimasti sani, a furia di recuperare le menate che fanno i dementi, si fondono il cervello e diventano rincoceronti a loro volta. E così via, in una spirale infinita di delirium tremens e stato velino-vegetativo.

Badate bene: vivere così non è un inferno, è tutto il contrario. Non capisci un cazzo. Non rispondi di nessuna tua azione. Non ricordi una beata minchia. In sostanza, come se ti sparassi un bongo per 20 persone ogni mattina. Da solo e senza aprire la finestra. E senza manco fame chimica. Una bomba.

Penso di potermi dire sano ancora per poco. Non so quanto resisterò all’attacco pervicace di questa marea disumana dallo sguardo perso nel vuoto. Prima o poi, mi rincoglionirò anche io.

PAREN MILL’ANNI (come diceva la buon’anima di mia nonna).

 

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