
Giacchio-nove
“Una cosa positiva c’è, non ci sono più zanzare”.
E’ questa la frase centrale del libro che ho appena terminato – “Ghiaccio-nove” di Kurt Vonnegut (1963).
TRAMA: La storia di un giornalista che – nell’intento di scrivere cosa stessero facendo diversi personaggi illustri il giorno dello sgancio della bomba atomica su Hiroshima – s’imbatte nella famiglia dell’inventore della bomba stessa. Una famiglia in possesso di un’arma ben più potente della bomba H. Un potere che ognuno di loro avrà utilizzato in maniera differente, senza alcun rimorso. Il giornalista si ritroverà nella magnifica isola della Repubblica di San Lorenzo, dove tra scene spassose, fanatici di una religione basata su un libro di un certo Bakonon (l’incipit del libro è: “Tutte le verità che sto per dirvi sono spudorate menzogne”) ed esplosioni atomiche si consuma il finale poco atteso.
MIA PERSONALISSIMA INTERPRETAZIONE: Vonnegut critica fortemente la ricerca dell’aldilà o comunque di un aldifuori noi stessi; per cui, si abbatte contro qualsiasi pratica volta alla ricerca di qualcos’altro. Religioni, guerre, armi, scienza, nazionalismo, politica…sono tutti strumenti che assolvono questo insensato scopo. L’unica soluzione che lui intravede, infatti, è il ritorno all’uomo.
L’unica certezza è che nulla abbia un vero senso. Lo dimostra il titolo del libro in inglese “The Cat’s Cradle” – la cesta del gatto. Un gioco con cui il padre della bomba atomica si trastullava davanti ai suoi bambini. Ero un semplice intreccio di fili creato con le mani, che niente aveva a che vedere con un “cesta del gatto”. Perchè non c’era nè cesto, nè gatto. Era l’uomo a vederci qualcosa, perchè è l’uomo a creare senso dove il senso non esiste.
Grande Vonnegut.
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