La malaoccupazione

Prenderó schiaffi in faccia, ma io credo che in Italia non ci sia disoccupazione. Esiste un problema ben più grave: la malaoccupazione. C’è difatti una grande fetta di lavoratori che non ha assolutamente voglia di fare un cazzo, e che toglie posto a chi invece si farebbe in quattro pur di lavorare. E non a caso parlo di “mala”, perchè sono una mafia di iperprotetti dai sindacalisti, i reazionari del lavoro. 

Mi fa una rabbia pazzesca, sento storie di ragazzi della mia età ancora senza una meta, senza una prospettiva, costretti ad emigrare, ad abbondare il proprio paese (ed il suo PIL) pur di avere uno straccio di vita normale. E poi, mi giro attorno e vedo gente con niente di cui lamentarsi lagnarsi come se non ci fosse un domani. 

Poi mi chiamano “fascista” quando celebro l’eliminazione dell’articolo 18 attraverso il Jobs Act. Un’accusa pretestuosa, perchè garantire un posto ai volenterosi avviene solo attraverso un repulisti dei fannulloni. Questo significa difendere i deboli, ed essere di sinistra

Spero che questi ultimi trovino presto giustizia (e che gli altri patiscano la fame più nera). Chiamatemi fascista, io penso di essere solo giusto.

Sparatorie e Democrazia

In Italia non esiste l’opposizione. Questa è una notizia davvero orrenda per un paese occidentale. Il PD rimane saldo al 41% mentre tutti gli altri si sfaldano. E così inizia la guerra a chi la spara più grossa.

Grillo, dall’alto della gru: “Usciamo dall’Euro, usciamo dal parlamento, portiamo l’Esercito da Renzi”; Alfano, dal basso del 3%: “Un matrimonio è tra uomo e donna. Annullate le trascrizioni dei matrimoni gay celebrati all’estero”; Salvini, dalla Terra di Mezzo dei Celti: “Dobbiamo recuperare i rapporti con la Russia. Via gli immigrati dal nostro territorio”; Berlusconi, Passera, Della Valle, dalla Terra di Nessuno: non pervenuti.

E poi ci si meraviglia se all’interno del PD ci sia una minoranza in opposizione a Renzi: MA MENO MALE.

Lo dice un Renziano convinto: quest’uomo non può e non deve fare tutto da solo. La Storia insegna che l’uomo solo al comando fa solo cappellate di dimensioni apocalittiche. Che ben vengano le opinioni contrarie, persino quelle di Civati. Che si apra il dialogo con il Parlamento, ma che sia contingentato e definito nel tempo, bruciamo i tavoli di discussione. Che si protesti, si scenda in piazza, è sacrosanto e fa bene al Paese, ma evitiamo scene da partito di lotta e di governo.

Non amo chi vuole cacciare dai partiti i cosiddetti dissidenti. Credo fortemente nel motto: “Impari più da chi ti contrasta che da chi ti approva”. Teniamolo sempre a mente prima di attaccare un rapper per un ritornello.

Quelle sono solo canzonette, noi evitiamo di prendere delle cantonate.

Articolo 18 o Articolo 31?

I dibattiti politici italiani hanno quel sapore amarcord della Tabaccaia tettona di Fellini. Familiari, vagamente pigri, e materni. Ti rassicurano, ti coccolano, ti fanno pure digerire. I sindacati da un lato, il governo dall’altro. La novità è che al governo c’è la sinistra, e non si era mai visto il segretario del PD attaccare così the dark side of the moon dei lavoratori.

Un’idea sul chi abbia torto ce l’ho: tutti e due. Il sindacato è troppo arroccato su posizioni che fanno ridere i polli (difendere a spada tratta l’articolo 18 nell’epoca dei precari ha senso quanto cercare il tappo di una vasca che straborda di merda); Renzi sta usando troppo il giochetto dei “io sono Virgo, il cavaliere delle zodiaco, e loro sono i cattivoni”, che un pò va bene, ma dopo un pò scassa la minchia (e io voglio bene a Matteo).

Un suggerimento di metodo: che smettano di sfidarsi via video, che sembrano due rapper minchioni di MTV. Si guardino faccia a faccia, dal vivo. Sarà meno figo, ma almeno si chiariscano. E a fare in culo hashtag e top trend.

Siamo tutti sulla stessa barca. Capitelo, cortesemente.

La riforma Fornero non basta!

La riforma del lavoro targata Fornero è necessaria. Ma è incompleta e ingiusta fintanto che a) non si estenda al pubblico impiego b) non trovi il modo per ridurre drasticamente il cuneo fiscale, tra i più alti al mondo.

Andiamo per ordine. Veniamo al primo punto. Perché gli statali devono essere inclusi? Semplicemente perchè sono anche loro dei lavoratori (si fa per dire). Perchè è un fatto di equità sociale. Perchè troppi vantaggi hanno e vanno abbattuti. Perchè bisogna fugare ogni dubbio sulla connivenza tra politici e pubblico, ormai riserva di prebende elettorali. Full stop.

Sul secondo punto, mi spiego meglio. Il cuneo fiscale è la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto incassato effettivamente dal lavoratore, essendo il restante importo versato al fisco e agli enti di previdenza e pensionistici. Bisogna ridurlo drasticamente! Perchè darebbe più fiato alle aziende per aumentare gli stipendi (ergo, aumentare i consumi). Come si fa?

1) riducendo l’aliquota pensionistica. Tocca liberalizzare e rendere competitivo il mercato dei fondi pensione. Io cittadino devo poter scegliere da solo dove mettere i miei soldi. Lo Stato deve essere solo uno dei competitor, non un monopolista. Questo genera automaticamente meccanismi virtuosi di risparmio.

2) riforma del fisco, o meglio, abbattimento dell’irpef, una pistola in mano a regioni che ne abusano senza criterio. Le entrate minori si recuperano con vera lotta all’evasione (e l’elusione) fiscale, legalizzazione della droga e della prostituzione. Riforme a costo zero. Miliardi facili facili.

Sono tutti sogni nel cassetto. Eppure, questo mi aspetto da un vero governo liberale, di destra, qual è quello attuale. Perché se anche loro si fossilizzano su interessi lobbistici (anche lo Stato è una lobby!), siamo davvero alla frutta.

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