Alla fine Marx ha vinto. Siamo tutti un pò comunisti?
Ci piace condividere ogni cosa. “Shariamo” momenti, pensieri, ricordi, la bicicletta, la macchina. Alcuni, quelli più avanti, condividono pure il partner. Siamo a pieno titolo nell’Era dell’Accesso, come prefigurò Rifkin qualche anno fa. Nessuno possiede, tutti affittano.
Il governo fa pagare la tassa sulla casa anche gli inquilini, perché il nuovo trend è quello. Il mito de “l’80% degli italiani sono proprietari di casa” sta andando in soffitta. E forse è sempre stato solo un mito. Di fatto, quelle case erano delle banche, che accendevano mutuo alla qualunque. Adesso se ipotechi tua madre, forse te ne concedono uno anticipando tu il 90% della spesa.
La musica si è totalmente smaterializzata. Prima c’erano i vinili, poi le cassette, poi i cd, poi gli MP3. Ed ora si ascolta in streaming. Stesso destino con i film e le serie tv. Comprare un auto è ormai demodé, se puoi accedere ai vari provider di car sharing. E non passerà molto prima che ci verrà a prendere un auto che si guida da sola. Esiste persino un colf sharing, così da poter condividere la collaboratrice familiare con l’intera città.
Condividiamo, ma non possediamo. Perché? Costa meno (nel breve termine), comporta meno responsabilità, è di più rapido accesso, possiamo cambiare spesso. Una formula perfetta per l’uomo moderno che non ha tempo neanche per sputarsi in faccia, come diceva la buonanima di mia nonna. Eppure, questa società sta diventando così liquida che basteranno poche cannucce per aspirarla tutta..
Il rischio dell’ultra-accesso è il negare che alla spalle di tutto ci sia qualcuno (pochi) che possiede i beni. E dietro a quest’illusione di comunità hippie, si annida lo spettro di un’oligarchia capitalistica da fare una sega anche a quella di fine Ottocento. Corsi e ricorsi storici. Cambiano i nomi, diventano più high-tech, più 2.0, più cool, ma la storia è sempre la stessa.
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