“Scenderanno in piazza tutti gli invisibili: precari, operai, rom, immigrati, studenti, gay”.
E’ questa la descrizione più ricorrente della manifestazione che avrà luogo oggi a Roma contro alcuni provvidementi del governo in merito al Welfare. A guidare la protesta i segretari di PRC e PDCI, con altre 120 associazioni e centri sociali.
Singolare la classificazione delle categorie menzionate: INVISIBILI.
Sarebbe opportuno porci alcune domande su questo portentoso potere.
– Una persona è invisibile, perchè non la si vuole vedere o perchè è essa stessa a non mostarsi?
– Una persona invisibile – priva di occhi da comune mortale – può vedere il resto del mondo?
– In tal caso, può passare attraverso la gente oppure deve comunque schivarla?
Sembrano domande da fumetto o da scienziati swiftiani, ma sono questioni men che meno chiuse alla discussione. Andiamo per ordine.
Nel caso delle categorie in protesta, va detto che fanno di tutto per essere viste dagli altri; ce la mettono davvero tutta, bisogna darne loro atto. Pertanto, è molto più plausibile la prima opzione, ovvero, che la gente non voglia vederli. Per quanto riguarda la seconda domanda, la questione si complica lievemente. E’ evidente che chi non è visto è dotato di un poter immenso nel caso possa vedere gli altri. Può continuare a fare la propria vita senza il disturbo degli altri, senza il costante occhio esanimatore del prossimo.
Sono scevri di condizionamenti sociali e questo li rende di fatto invincibili. Il problema nasce quando c’è bisogno del riconoscimento sociale – che altro sono i diritti se non attestati di esistenza di una categoria umana? E così, improvvisamente, queste umanità “altre” vogliono fondersi agli “altri”. Vogliono perdere la loro invisibilità, il loro potere pur di acquisirne uno ancora più portentoso: l’uguaglianza. E la società deve necessariamente accordar loro questi diritti? Se si, perchè?
Ci si lamenta tanto del pluralismo della politica italiana, dei troppi partiti; perchè ci si meraviglia allora se la Gente esprima la stessa insofferenza verso il pluralismo dei diritti? E’ un tratto comune delle società occidentali quello di semplificare, sburocratizzare, uniformare e strutturare. Attacchi laterali allo status quo non sono un’offesa semplice – sono un affronto all’ontologia del vivere comune. Ridefinire i confini del recinto sociale destabilizza e crea confusione nella maggior parte delle persone. In fondo, “si è sempre vissuto bene così – perchè cambiare?”.
Con questo non voglio giustificare l’immobilità sociale, ma protestare in piazza è come un monologo all’ennesima potenza, è facile, rumoroso, caciarone e totalmente inutile. Gl’inglesi dicono “A storm in a tea-cup” – una tempesta in una tazza di tè. Tanto casino per nulla. Forse sarebbe meglio – oltre che pretendere diritti – dare il diritto a chi già ce li ha di essere realmente ascoltato.
Ogni tanto ci si ricordi che non è il dialogo a nuocere gravemente alla salute.
ps questo non toglie che apprezzi ogni tanto gesti di sana pazzia monologica. Chi ha gettato colorante nella fontana di trevi è davvero avanti. E con un gran gusto estetico, cazzo. E’ fichissima così.
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