Mors tua, Vita mea

L’umanita’ e’ divisa a meta’ tra chi ha perso un genitore amato e chi no.

Il cordone ombelicale e’ spezzato per sempre, ed improvvisamente si e’ soli. E’ l’irreversibilita’ a far rabbia, e la prima vera presa di coscienza che l’immortalita’ non esiste neanche per chi ci ha creato. Dio non puo’ morire, e neanche chi amiamo – questa illusione cade ineluttabilmente. E cambia tutto, nel bene e anche nel male.

Nel male, perche’ si diventa più cinici e disincantati, perche’ sara’ più difficile credere nei sogni e sperare che le cose cambino in meglio, perche’ si sara’ perennemente incazzati col mondo, e ci sara’ sempre un pizzico d’invidia per chi non ha subito questa perdita (e magari, si permette di lamentarsi del genitore davanti a voi).

Nel bene, perche’ la vita diventa tutta in discesa: niente potra’ essere grave quanto questo episodio. Perche’ prendi tutto definitivamente su di te: la morte e’ il miglior incentivo all’esistenza. Perche’ la tua stessa morte fa meno paura. Perche’ sai di non potercela fare più da solo, e finiscono i rampanti anni 80 dell’ego, dove si e’ tutto io io io io. Inizia la ricerca dell’altro per la prima volta da quando si e’ nati.

Quando muore un genitore, muore anche un figlio ma nasce un uomo o una donna. E’ parte del processo vitale, perche la vita e’ una lunga malattia verso la morte. Esiste un solo grande antidoto: l’ironia.

Pensare al proprio genitore che ride della nostra mortale sofferenza, una risata benevola, protettiva, quella che ci dovra’ accompagnare per tutta la vita. Altrimenti si rischia di morire da vivi per ogni giorno che rimanga su questo pianeta.

Una risata NON li seppellira’. Mai.

Ps questo post lo dedico ad una collega, ad un’amica e ad una donna speciale. Ti sono vicino con tutto il mio cuore. Tutto.