La malaoccupazione

Prenderó schiaffi in faccia, ma io credo che in Italia non ci sia disoccupazione. Esiste un problema ben più grave: la malaoccupazione. C’è difatti una grande fetta di lavoratori che non ha assolutamente voglia di fare un cazzo, e che toglie posto a chi invece si farebbe in quattro pur di lavorare. E non a caso parlo di “mala”, perchè sono una mafia di iperprotetti dai sindacalisti, i reazionari del lavoro. 

Mi fa una rabbia pazzesca, sento storie di ragazzi della mia età ancora senza una meta, senza una prospettiva, costretti ad emigrare, ad abbondare il proprio paese (ed il suo PIL) pur di avere uno straccio di vita normale. E poi, mi giro attorno e vedo gente con niente di cui lamentarsi lagnarsi come se non ci fosse un domani. 

Poi mi chiamano “fascista” quando celebro l’eliminazione dell’articolo 18 attraverso il Jobs Act. Un’accusa pretestuosa, perchè garantire un posto ai volenterosi avviene solo attraverso un repulisti dei fannulloni. Questo significa difendere i deboli, ed essere di sinistra

Spero che questi ultimi trovino presto giustizia (e che gli altri patiscano la fame più nera). Chiamatemi fascista, io penso di essere solo giusto.

Articolo 18 o Articolo 31?

I dibattiti politici italiani hanno quel sapore amarcord della Tabaccaia tettona di Fellini. Familiari, vagamente pigri, e materni. Ti rassicurano, ti coccolano, ti fanno pure digerire. I sindacati da un lato, il governo dall’altro. La novità è che al governo c’è la sinistra, e non si era mai visto il segretario del PD attaccare così the dark side of the moon dei lavoratori.

Un’idea sul chi abbia torto ce l’ho: tutti e due. Il sindacato è troppo arroccato su posizioni che fanno ridere i polli (difendere a spada tratta l’articolo 18 nell’epoca dei precari ha senso quanto cercare il tappo di una vasca che straborda di merda); Renzi sta usando troppo il giochetto dei “io sono Virgo, il cavaliere delle zodiaco, e loro sono i cattivoni”, che un pò va bene, ma dopo un pò scassa la minchia (e io voglio bene a Matteo).

Un suggerimento di metodo: che smettano di sfidarsi via video, che sembrano due rapper minchioni di MTV. Si guardino faccia a faccia, dal vivo. Sarà meno figo, ma almeno si chiariscano. E a fare in culo hashtag e top trend.

Siamo tutti sulla stessa barca. Capitelo, cortesemente.

La riforma Fornero non basta!

La riforma del lavoro targata Fornero è necessaria. Ma è incompleta e ingiusta fintanto che a) non si estenda al pubblico impiego b) non trovi il modo per ridurre drasticamente il cuneo fiscale, tra i più alti al mondo.

Andiamo per ordine. Veniamo al primo punto. Perché gli statali devono essere inclusi? Semplicemente perchè sono anche loro dei lavoratori (si fa per dire). Perchè è un fatto di equità sociale. Perchè troppi vantaggi hanno e vanno abbattuti. Perchè bisogna fugare ogni dubbio sulla connivenza tra politici e pubblico, ormai riserva di prebende elettorali. Full stop.

Sul secondo punto, mi spiego meglio. Il cuneo fiscale è la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto incassato effettivamente dal lavoratore, essendo il restante importo versato al fisco e agli enti di previdenza e pensionistici. Bisogna ridurlo drasticamente! Perchè darebbe più fiato alle aziende per aumentare gli stipendi (ergo, aumentare i consumi). Come si fa?

1) riducendo l’aliquota pensionistica. Tocca liberalizzare e rendere competitivo il mercato dei fondi pensione. Io cittadino devo poter scegliere da solo dove mettere i miei soldi. Lo Stato deve essere solo uno dei competitor, non un monopolista. Questo genera automaticamente meccanismi virtuosi di risparmio.

2) riforma del fisco, o meglio, abbattimento dell’irpef, una pistola in mano a regioni che ne abusano senza criterio. Le entrate minori si recuperano con vera lotta all’evasione (e l’elusione) fiscale, legalizzazione della droga e della prostituzione. Riforme a costo zero. Miliardi facili facili.

Sono tutti sogni nel cassetto. Eppure, questo mi aspetto da un vero governo liberale, di destra, qual è quello attuale. Perché se anche loro si fossilizzano su interessi lobbistici (anche lo Stato è una lobby!), siamo davvero alla frutta.

Manovra estiva

Mentre Tremonti si appresta a far passare una manovra da 40 miliardi entro l’estate, anche io devo far cassa e pensare al bilancio di questo lungo anno di esercizio fiscale iniziato nel settembre scorso.

Dunque, lavoro, salute, amore e amici. Se posso riassumere tutto in un’unica espressione: TABULA RASA. Tutto e’ cambiato, ed e’ finalmente a mia misura. Come la Grecia, ho campato a lungo al di sopra delle mie possibilita’, rischiando la bancarotta. Cosi ho dato un taglio netto.

Lavoro. Ormai ho ingranato nel mio ruolo, che ormai ricopro da quattro anni. Non devo più fare tardissimo la sera, e posso dedicarmi ai miei passatempo preferiti. Salute. La mattina alle 7 riesco ad andare in palestra, mi sono comprato un personal trainer, e il fisichetto che sta uscendo non e’ niente male. Amici. Mi sono liberato dei miei vecchi amici romani, ed ora sono completamente SOLO. Era ora. Erano diventati una palla al piede: finalmente, vado alle mostre che piacciono a me. Alle rassegne di cinema polacco con sottotitoli in francese. O semplicemente, a guardare le stelle al parco, addormentandomi tra cavallette e zanzare. Che bello godersi il sacrosanto diritto a beccarsi il tetano.

Amore. Chi mi legge conosce le mille peripezie che ho affrontato in questi mesi. Roma non e’ esattamente un campo fertile per Cupido, che e’ ridotto ad elemosinare rapporti d’amore co.co.pro. Qui hanno dimenticato il romanticismo da quando hanno scoperto Grindr (per chi non lo sapesse, e’ un’app sul cellulare che ti permette di trovare i froci che ti stanno attorno in un dato momento). Io vorrei un compagno e dei figli, ma trovo solo gente interessata ai miei pettorali e ai centimetri del mio cazzo. Non esattamente una base per costruire una famiglia.

Bilancio finale. Positivo, ma in attesa di revisione a settembre. Le agenzie di rating parlano di un downrating da AAA a AA2. Vedremo come la prenderanno i mercati. Per quanto mi concerne, basta che non lo prenda più a culo. Mi scuserete il tecnicismo.

Buon inizio settimana.

Stimoli?!

Headhunter al telefono: “Dottore, e’ una posizione che la dara’ grandi stimoli”. Io: “Si,stupendo. Di stimoli ci campano i cardiopatici. Io preferisco i soldi”.

Dopo quest’ennesima chiamata da improbabili cacciatori di teste, che ormai mi sembrano più assistenti sociali, ho capito la mia visione del lavoro. Si riassume in una sola parola: stipendio. Anni fa, quando iniziai, mi ripromisi che la passione avrebbe guidato la mia vita professionale. Stronzate. La passione e’ una grande fregatura: tanto se ce l’hai, te l’ammazzano i colleghi.

Non sono pessimista, o materialista: si chiama RealPolitik. Chiunque vi dica di amare il proprio lavoro o e’ sotto effetto di anfetamine o non ha ancora ben capito di cosa si tratti davvero lavorare. Guerre tra poveri, inculate da ogni lato, orari improponibili anche in Thailandia, vita sociale azzerata, divertimento relegato al sabato sera, e tanto tanto pelo sullo stomaco. Se uno ama questo strazio, non e’ normale. Punto.

Basta. Col prossimo cacciatore di teste che mi parla di stimoli saro’ ancora più tranchant. “Senta, c’ho il vibratore per gli stimoli, mi parli dello stipendio piuttosto”. Uomo stimolato, mezzo salvato.

Froci col culo degli altri

E’ un’espressione romana. Molto volgare. Che si addice alla volgarità della nostra classe dirigente. Due casi per tutti.

1) Il Governo, nelle vesti del ministro Marons, si fa vanto della “maggiore lotta alla Mafia” di tutti i tempi. Ma la realtà è che non hanno fatto niente per combatterla (anzi!): è solo una questione statistica. L’alacre lavoro dei giudizi prosegue a prescindere dai governi che si susseguono: se rimani più tempo al governo, ovviamente avrai più mafiosi arrestati mentre sei in carica. E mentre Marons incassa consensi elettorali e festeggia bevendo acqua del PO, i giudici vengono minacciati di morte.

2) Marchionne incassa i complimenti di Obama per la fusione Fiat-Chrysler. Forte di questo, sposta parte della produzione da Mirafiori in Serbia; poi non permette il reintegro ai tre operai-sindacalisti di Melfi, ed infine da lezioni di economia accusando l’Italia di non voler cambiare. Un eroe non compreso. Ma Superman non ha mai incassato miliardi di criptonite dai contribuenti per evitare il tracollo. E mentre al profeta Marchionne sfugge che fino a ieri chiedeva l’elemosina, i suoi operai vanno in cassa integrazione. Lui sì che è un maestro del cambiamento.

E a questo punto viene da chiedersi: ma possiamo davvero chiamarli dirigenti questi signori? Se ci atteniamo alla tradizione italiana, assolutamente sì. Da noi i dirigenti, i capitalisti giocano da sempre con il culo degli altri, per mantenerci in metafora. Non è mai esistito un capitalismo serio, basato sul rischio personale. Weber diceva che il capitalismo si sviluppa nelle società protestanti, ed è alieno a quelle cattoliche. Un vero visionario.

Il nostro non è capitalismo: è solo capitolismo. Ovvero, sto al gioco fino a che non capitolo: poi chiedo aiuto alla mamma, ovvero i politici. Ed il triangolo è chiuso. I politici a loro volta non dicono mai di no, perchè dispongono del portafogli dei cittadini senza doverne neanche rispondere. Un circolo vizioso e deprimente.

Un sistema autorefenziale, simile all’aristocrazia plutocratica pre-fascista.

Non meravigliamoci che alla fine gl’italiani cerchino l’Uomo della Provvidenza.

Amen.

Curriculum deambulanti

Tempo fa, ho vinto un trattamento shiatsu in una convention aziendale. La parola massaggio la collego inevitabilmente al turismo sessuale thailandese – mentre “trattamento shiatsu” mi suonava molto più new age che porno. Ero felicissimo di provarne uno – ed in più, gratis. Uno sballo.

Arrivato in un questo centro, è tutto un incenso e sorrisi zen – sentivo che persino i miei gas intestinali stavanno raggiungendo il nirvana. E così mi sono lasciato andare alla terapista. GRANDE ERRORE. Dopo i primi 5 minuti di massaggio, mi chiede che lavoro faccio ED E’ STATA LA FINE del relax.

Ha iniziato a raccontarmi la sua vita, che aveva lavorato in pubblicità ma che ad un certo punto – tra un’iniezione di botulino ed il 34simo divorzio – aveva tagliato con la vecchia vita e si era data allo shiatsu. Bla, bla, bla. Io vado in un centro spiritual-andante e mi becco una fallita logorroica che mi incarta il suo curriculum attorno al culo. Certo, impacchettato con olii ayurvedici, ma sempre una presa per il culo è stata.

Questo episodio mi ha fatto pensare ad una tipologia di animale urbano, il CURRICULUM DEAMBULANTE. Si nasconde negli anfratti più loschi degli aperitivi fighetti, è in agguato non appena sniffa la parola CARRIERA nell’aria, fiuta il nemico appena sente pronunciare la parola MBA IN AMERICA.

La sua arma principale è attaccare dei pipponi esageratamente prolissi circa le sue esperienze professionali, della sua passione per l’informatica che si coniuga perfettamente con il suo amore per l’arte contemporanea che ha potuto assaporare negli migliori musei del mondo.

Spesso e volentieri, si dichiara radical-chic, ma è solo radical-kitsch. Ama la cucina fusion, ma l’unico ad essere fuso è lui. Dice di odiare i “reality”, ma se gli chiedi cosa ne pensa di History Channel ti dice che non ama i programmi di cucina. Legge libri trendy e cool, senza manco sapere cosa cazzo significhi trendy e cool.

Esiste due prove per verificare se una persona appartiene a questa specie:

1. Se non passano neanche 5 secondi prima che v’interrompa per dire “..e anche io l’ho fatto..”

2. Se dopo tre minuti che lo ascoltate, avete pensato “STI CAZZI” almeno 2.000 volte.

Ma cosa si nasconde dietro questa figura? Tendenzialmente, un insicuro sociopatico tendente all’omicidio di massa qualora se ne dovesse presentare la ghiotta occasione. E’ il tipico cesso del liceo al quale – giunto nel mondo degli adulti – non pare vero di non essere più preso per il culo. Ignora, però, che lo continua a prendere – solo che ora usano l’olio e non se ne accorge.

Cari trafficanti, vi prego: se avvistate un curriculum deambulante, UCCIDETELO. Alla polizia dite pure che ve lo detto io, me ne assumo tutta la responsabilità. Perchè un mondo senza Curriculum deambulanti è un mondo migliore.

La sindrome di Windows

Lo scorso venerdì ero in aeroporto, tornando da Milano (tanto per cambiare). Ero seduto ad aspettare l’imbarco ed intanto mi portavo avanti con del lavoro al PC. Ad un certo punto, un signore accanto mi dice: “Certo che sei proprio una scheggia al computer” – ed io con il mio solito aplomb francese: “Si, fra un po’ mi manda anche a fare in culo, chiama i sindacati ed indice una protesta per rinnovo contrattuale”. Eravamo nel pieno degli scioperi Berlusconitalia e la battuta ci cadeva a fagiolo. Però il commento del signore mi ha fatto riflettere parecchio.

Io do per scontato che sia molto lento a fare qualsiasi cosa, ogni volta che raggiungo un record cerco di superarne un altro. Lo faccio da anni e questo mi ha portato ad una velocità decisamente superiore alla media. Non è solo quello. Parafrasando quel simpatico libro stile Via Col Vento che è la Bibbia, io sono fatto ad immagine e somiglianza di Windows, soprattutto per due punti: sono pieno di bugs (= paranoie che mi fanno andare in cortocircuito) e sono multi-tasking, ovvero, riesco a fare più cose contemporaneamente.

Quell’episodio è emblematico. Allo stesso tempo, stavo:

  1. Parlando al telefono con un amico americano;
  2. Lavorando ad una presentazione per un cliente;
  3. Scrivendo un report di un meeting appena avuto;
  4. Controllando le azioni on line;
  5. Scrivendo alcuni post per il blog;
  6. Sfanculando chi m’invita ai gruppi di salsa cubana su Facebook;
  7. Prenotando una sessione di shiatsu per venerdì prossimo

E non ero neanche al massimo della mio multiattivismo cronico: ero con la batteria del pc quasi scarica e non volevo sovraccaricarlo. Prima di accenderlo, mi sono detto: “Fai poche cose, così non si scarica subito”. Le mie “poche cose” sono ben SETTE attività contemporaneamente. Per la Kabbalah è il numero della perfezione, per un neurologo è il limite per la schizofrenia incipiente.

Hanno ragione entrambi: sto per raggiungere la schizofrenia perfetta.

Amen.

ps mentre scrivevo questo post, stavo controllando le email, le notizie su google news e decidendo che aereo prendere per il prossimo viaggio di lavoro.

Col Senter

Penso sia capitata a tutti la sventura di chiamare i call center dei gestori telefonici. E’ un’esperienza catartica: rimani 15 minuti in attesa con una musichetta da spurgo intestinale ed una vocetta automatica che ribadisce più volte quanto sia prioritaria la tua telefonata del cazzo. In quegl’interminabili periodi, ho imparato a fare altro: cucinare, lavorare, sparare ai rumeni, inveire contro il carovita e scrivere romanzi di avventura. E non nego di aver immaginato ogni tipo di motivo che avesse potuto occupare gli operatori: clienti scassacazzo, una bomba atomica, una mega-orgia scoppiata nella sala caffè, Lori del Santo vestita da Drive In, l’apparizione di Berlusconi nei bagni.

Ma la vera avventura deve ancora venire: il colloquio con l’operatore. Nella migliore delle ipotesi è un barese che, sforzando l’accento italiano, sembra parlare bergamasco. Se compredere ciò che dice è arduo, fargli capire ciò che dici TU è una fatica di Ercole. Parlare con un prete cieco sordo e gay di quanto sia bella la figa è una conversazione decisamente più fluida.

Una volta non mi prendeva il cellulare per 3 giorni, così chiamai il mio call center (WIND! WIND!):

– IO: “Scusi, non mi prende da 3 giorni”

– ESSA, la CALLCENTRISTA: “Ha provato a spostarsi?”

La stavo per mandare a fare in culo, quando peggiora la sua situzione

– ESSA, la CALLCENTRISTA: “Non intendo spostarsi solo dalla sedia, ma di tanto..tipo cambi strada“.

Alla fine, l’unica cosa che mi aveva spostato era la nervatura ed onde prendermela con ESSA, LA CENTRALINISTA, decisi di attacare il telefono.

Ora non mi attaccate il pippone che sono sottopagati bla bla bla. E basta con questo perdonismo continuo ed estenuante, ma non vi stancate a  trovare giustificazione per ogni misfatto? Minchia, se questa risponde così a tutti i clienti, precaria ci deve rimanere a vita! E ve lo dice un precario, per cui no comment.

Il Call center sono una metafora dell’italia: gente messa lì per caso, che non sa un cazzo di quello che fa e che per di più accampa diritti da esseri umani. INAMISSIBILE.

Anche se in compenso molte volte ho conosciuto simpatici ragazzotti con i quali sono uscito e ho trombato non attenua di certo la mia opinione negativa. Sono obiettivo, io!

ps anche Marcilotta ha scritto di Call Center.

Ridge ed i bagni aziendali

 Sin da piccolo, l’unico contatto che ho avuto con il mondo aziendale è stata la soap “Beautiful. Intrighi, competizione, innovazione, adrenalina – questo era il mondo dipinto dagli autori dello show. E mi ha sempre affascinato, benchè io sia la persona meno intrichina e competitiva che conosca (dopo mia nonna paterna, ma solo dopo che è morta, perchè prima diceva peste e corna pure della sua gatta). Premesso ciò, capirete che una volta entrato in azienda realmente mi aspettavo non fosse così intensa l’atmosfera; ma mi sbagliavo di grosso. Beautiful è un’opera di neorealismo capitalista a tutti gli effetti. Eccetto per un punto: il bagno.

Ridge Forrester non va mai al bagno, mentre i manager d’azienda sì. Scontato? Sì, per una persona normale, ma per uno cresciuto con Mediaset, è stata una sorpresa cognitiva senza precedenti. Infatti, la prima volta che incappai nel direttore vendite della mia prima azienda che si sgrullava “il coso” nella toilette non potetti trattenermi: “Non mi aspettavo di vederla in bagno, scusi”. E sono uscito in segno di deferenza rispetto al regale piscio.

Ora le cose sono diverse – nel senso che se vedo un manager entrare al bagno – c’entro pure io, però ammetto di sentirmi in lieve soggezione vescicale. Per quello, per riuscire ad espletarmi, attendo sempre che esca.

Un grande passo avanti.