Non è facile la vita. Non lo è per nessuno. Lungi da me dipingere un ritratto dell’omosessualità da martirio della società moderna. Ognuno porta e sopporta la propria croce. E lo si fa con dignità e rispetto della croce altrui. Eppure, oggi più che mai, sento l’esigenza di parlarvi seriamente di cosa significhi la mia di croce (e delizia). Lo farò per decadi, perché è come ho notato che cambiano le fasi della mia vita.
0-10 anni: sei diverso, non lo sai, ma gli altri sì.
Da piccolo mi piacevano le bambine. E piacevano pure i gatti, i cagnolini e i ragazzini. Mi piaceva tutto. Non c’era sessualità in quello che facevo. Io salutavo tutti. Baciavo tutti. Sorridevo a tutti. Non amavo giocare a calcio, lo odiavo. Mi annoiava a morte. Non fu mai un problema, finché una suora mi disse: “perché non giochi a calcio con gli altri bambini? Che vuoi diventare gay?”. Fino a quel momento non sapevo manco cosa fosse un gay. E scoprire una parola quando la usano come offesa non è il massimo della vita. Mia madre già lo sapeva, perché quando le chiedevo perché fossi diverso dagli altri – ormai ne ero consapevole – mi rispondeva sempre: “tu non sei né carne né pesce”. Mia madre parlava sempre per metafore culinarie, e questa spiegazione a me bastava. Iniziavo a sentirmi a disagio con gli amichetti, ma non gli davo peso. Io volevo salutare tutti, baciare tutti, sorridere a tutti.
11-20 anni: la consapevolezza. La solitudine.
La masturbazione ha cambiato la mia vita. Fintanto non sei davanti alla tua erezione, non capisci veramente che orientamento sessuale hai. Ma – fortuna per i maschietti – il pisello non mente. Ed io mi eccitavo solo guardando la sezione “intimo maschile” dei cataloghi Postalmarket. Non erano sogni sessuali, ma erano molto sensuali. Non c’erano scene di sesso, ma c’erano uomini bellissimi che si spogliavano per me. Non volevo più baciare tutti, volevo baciare solo loro. A quel punto, all’età di 12 anni presi consapevolezza di quello che mi piaceva davvero. Le donne continuavano a piacermi, ma sapevo quale fosse la mia strada. Iniziai a chiudermi a riccio. A scuola cercavo di allontanarmi da tutti. Ero silenzioso. Non salutavo più nessuno. Volevo solo sparire, perché mi sentivo solo come un cane. E la corazza si iniziò ad ispessire.
21-30 anni: la gioia. l’amore. ed il dolore.
All’università ancora ero schivo. Nascondevo tutto con una falsa allegria e socievolezza. Volevo tornare alla mia infanzia, quando ero una persona così aperta al mondo, così curiosa. Arrivò il primo ragazzo. Il primo amore. Fu un’esplosione di gioia. Non avevo mai provato certe sensazioni. E pensai per la prima volta di essere una persona fortunata. Di essere speciale. E soprattutto, di non essere solo. Dissi tutto alla mia famiglia. Non m’interessava più l’opinione di nessuno. Ero io solo contro un mondo che non capiva l’amore. Poi vennero altri fidanzati, altre gioie ed altri dolori. Mi sono aggrappato ad ogni singola briciola di amore, ma quello più importante era quello verso me stesso. Mi sono aiutato da solo a venire fuori da un doppio lutto, al quale pochi sopravvivono. Mio fratello aveva una famiglia a cui appoggiarsi, io ero solo. Per l’ennesima volta.
Ed eccomi qui, a quasi 33 anni, a fare un piccolo bilancio della mia esistenza. Ho tanta strada da fare ancora, e sono curioso di cosa mi riservi il futuro. Sento di star entrando in una fase di cambiamenti radicali. Per la prima volta nella vita sento DAVVERO l’esigenza di metter su famiglia. Di avere un marito, ed almeno un figlio (due sarebbe perfetto). E sono certo che succederà.
Non è facile essere gay, non lo sarà mai. Sarete sempre soli con voi stessi, sarete sempre lì a sfidare i vostri limiti. Sarete sempre giudicati. A volte disprezzati, insultati, aggrediti. Ma le cose cambiano. Gli anni passano. Le ferite si curano. E se avrete affrontato tutto con dignità, sarete delle bellissime creature. Vissute, vive e piene di esperienza. Una vita intensa ha un vantaggio grande: in qualsiasi momento finisce, è valsa la pena di esser vissuta.
Per cui, coraggio. E siate orgogliosi di quello che siete. Anche perché – metteteci una pietra sopra – non avete scelta.
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